La società esiste by Giorgia Serughetti

La società esiste by Giorgia Serughetti

autore:Giorgia Serughetti [Serughetti, Giorgia]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Tempi Nuovi
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2023-12-15T00:00:00+00:00


3. Ferite identitarie

Considerazioni simili a quelle svolte fin qui su alcune derive del femminismo e dei movimenti LGBTQ possono essere applicate anche alle mobilitazioni antirazziste, specialmente in paesi dove la loro storia ed eredità è più importante, come gli Stati Uniti. È ciò che fa Asad Haider, ricercatore e fondatore della rivista «Viewpoint Magazine», nel libro Mistaken Identity: Mass Movements and Racial Ideology, in cui denuncia il rischio che l’investimento politico nelle ferite identitarie, nelle esperienze di marginalizzazione da cui l’attivismo prende le mosse, si traduca in domande puramente individuali di inclusione e finisca per ostacolare le alleanze con altri soggetti, la costruzione di potere collettivo e la combinazione di contenuti di classe con obiettivi di emancipazione delle minoranze.

Nella storia dei movimenti antirazzisti, a usare per la prima volta l’espressione «politica dell’identità» fu il Combahee River Collective, gruppo di militanti nere e lesbiche, nel suo manifesto programmatico del 1977. Le autrici del testo, Barbara Smith, Beverly Smith e Demita Frazier, rivendicano la genesi «personale» del posizionamento del collettivo, ovvero lo sviluppo di una coscienza politica a partire dall’esperienza delle «vite individuali delle donne nere»165. L’esperienza vissuta è la porta d’accesso a una consapevolezza che sia i movimenti antirazzisti sia i movimenti femministi o di liberazione sessuale tendono a rimuovere: la consapevolezza dell’azione simultanea di diversi sistemi di oppressione come il sessismo, il razzismo, l’eterosessismo, il capitalismo. Da cui la necessità di combatterli simultaneamente.

A questo radicamento nell’esperienza le attiviste danno il nome di «politica dell’identità»:

Questo concentrarsi sulla propria oppressione si concretizza nel concetto di politica dell’identità. Crediamo che la politica più profonda e potenzialmente più radicale derivi direttamente dalla nostra identità, che è l’opposto di fare una battaglia per porre fine all’oppressione di qualcun altro. Nel caso delle donne nere si tratta di un concetto particolarmente respingente, pericoloso, minaccioso e quindi rivoluzionario, perché è ovvio, guardando a tutti i movimenti politici che ci hanno preceduto, che nessuno è più degno di liberazione di noi stesse. [...] Crediamo che la politica sessuale del patriarcato sia tanto pervasiva nella vita delle donne nere quanto la politica di classe e di razza. Inoltre, spesso è difficile separare l’oppressione razziale da quella di classe e da quella sessuale perché nelle nostre vite sono spesso vissute contemporaneamente.

Dunque, innanzitutto, la politica della vita personale che prende il nome di «politica dell’identità» non contiene, al principio, alcun rischio di riduzione essenzialistica dell’identità medesima. Al contrario, il Combahee River Collective mette a fuoco quanto le categorie sociali si trovino tra loro sovrapposte e interconnesse, come le forme di oppressione che le colpiscono. È l’approccio a cui un decennio più tardi sarà dato il nome di «intersezionalità» – una nozione su cui torneremo nel prossimo capitolo. Il punto allora, per il collettivo militante, era rivendicare diritti in quanto non solo donne, non solo nere, non solo lesbiche, non solo classe lavoratrice, ma in quanto tutte queste cose insieme, e da questa posizione rivoluzionare anche la teoria e la pratica dei movimenti per la giustizia razziale e di quelli femministi.

Da qui anche l’enfasi che le militanti pongono sulle coalizioni da costruire con altri soggetti.



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